HDV – Epatite Delta: interrogazione Senatrice Paola Boldrini (PD)

19 maggio 2022
Legislatura 18ª - Atto di Sindacato Ispettivo n. 3-03332
Interrogazioni a risposta orale
Pubblicato il 18 maggio 2022, nella seduta n. 434
BOLDRINI Paola - Al Ministro della salute. -
Premesso che:
il virus dell'epatite delta (HDV) è stato isolato per la prima volta nel 1977 in Italia ad opera del gruppo di ricerca del gastroenterologo torinese Mario Rizzetto;
l'infezione è causata da un virus a RNA difettivo che come involucro esterno utilizza l'HBsAg, cioè l'antigene di superficie del virus HBV. Per questo motivo i pazienti affetti da HDV presentano sempre una doppia infezione, risultando al contempo anche HBV positivi;
l'infezione avviene in genere per contatto con sangue o fluidi corporei infetti, tra cui rapporti sessuali, uso di droghe per via iniettiva o uso di materiali infetti, trasfusioni, ma anche per via verticale, da madre a figlio durante la gestazione e il parto;
in Italia, nella popolazione HBV positiva, la prevalenza di soggetti co-infetti da virus dell'epatite delta è circa il 10 per cento;
nonostante sia poco nota rispetto alle altre epatiti virali, la co-infezione HBV-HDV rappresenta dal punto di vista clinico la forma più aggressiva e pericolosa di epatite cronica, con il 76 per cento di rischio di progressione verso la fibrosi epatica e il 5,6 per cento di possibilità di degenerare, nel giro di 4-5 anni, in tumore al fegato;
per l'accesso alle prestazioni sanitarie, la patologia, oltre a essere codificata come malattia rara, è inserita nei LEA all'interno del pacchetto di esenzione 016 delle epatiti croniche attive, tuttavia al suo interno non figura il test viremico HDV RNA, raccomandato dalle linee guida internazionali e necessario per rilevare l'infezione attiva;
i soggetti maggiormente esposti ad infezione da HDV vivono spesso in contesti e condizioni socio-economiche svantaggiati, che impediscono loro di farsi carico dei costi dei test diagnostici, generando pertanto una quota consistente di sommerso;
il piano nazionale per la prevenzione delle epatiti virali da virus (PNEV), attualmente in fase di aggiornamento presso il Ministero della salute, è un documento programmatico, la cui finalità è quella di affrontare efficacemente i temi della prevenzione e cura delle epatiti virali in Italia, attraverso il coinvolgimento di tutti gli stakeholder di sistema;
il piano varato nel 2015 prevedeva linee di indirizzo per la sola gestione dell'epatite B e C, mentre sarebbe utile prevedere l'inclusione anche di percorsi appositi per l'epatite delta in virtù della sua incidenza significativa e del grave carico per il paziente;
data l'alta percentuale di rischio di epatite cronica, che costringe il paziente a trattamenti e assistenza continui, l'epatite delta dovrebbe trovare spazio anche all'interno del piano nazionale cronicità (PNC), affinché sia individuato per essa un disegno strategico comune centrato sulla persona e orientato su una migliore organizzazione dei servizi;
l'arrivo in Italia di persone provenienti dalle aree endemiche per HDV (in particolare dall'Europa dell'est) ha posto una nuova importante sfida per la sanità pubblica, per la quale sarebbe necessario avviare campagne intensive di screening per far affiorare il sommerso nelle fasce sociali maggiormente esposte,
si chiede di sapere:
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda avviare per estendere la gratuità del test HDV RNA a tutti i soggetti a rischio di infezione da HDV e affetti da epatite B, anche prevedendo un aggiornamento dei LEA, che inserisca nel pacchetto prestazionale lo screening dell'RNA virale;
se intenda procedere all'inserimento della patologia all'interno del PNEV e del piano nazionale cronicità, riconoscendo l'esigenza di percorsi appositi per i pazienti e di un disegno di presa in carico uniforme sul territorio;
se ritenga opportuno coinvolgere il più possibile, al pari di ciò che oggi avviene per i test per l'HIV, il mondo dell'associazionismo e del terzo settore, per ampliare le occasioni di testing, anche in contesti non ospedalieri, e consentire anche ad operatori non sanitari, ma con adeguata esperienza e formazione, di erogare i test diagnostici.
Fonte: www.senato.it/